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Sotto la lente

I masterbatches? Sempre più commodities…

Parliamo del mercato italiano dei masterbatches con Roberto Orefici, Marketing Manager di Frilvam

A cura di Francesco Calato

frilv.jpg (20690 byte)Frilvam può essere considerata un’azienda rappresentativa della produzione italiana di masterbatches: non troppo grande, ma nemmeno troppo piccola, questa società vanta una solida esperienza nel settore del compounding, attività iniziata oltre 50 anni fa e in seguito abbandonata a favore della produzione di masterbatches. Si tratta, in altre parole, di un medio produttore con aspirazioni di leadership, fornito di un assortito portafoglio che comprende, oltre a colorati standard e tailor made, anche masterbatches bianchi, un segmento tradizionalmente appannaggio delle grandi multinazionali.

Con un fatturato superiore ad oltre 40 miliardi di lire ed esportazioni pari a circa un terzo del venduto, Frilvam si colloca tra i primi quattro produttori di masterbatches italiani. Certificazione di Qualità, un laboratorio di caratterizzazione e controllo di produzione, impianti flessibili e moderni, grande attenzione alle esigenze dei clienti, siano essi grandi o piccoli, completano il profilo della società milanese (sede e stabilimenti si trovano a Nerviano, a pochi minuti dal capoluogo lombardo).
Con Roberto Orefici, Marketing Manager Frilvam, affrontiamo alcuni temi legati alle trasformazioni e alle tendenze del mercato italiano dei masterbatches, un settore difficile da inquadrare a causa della frammentazione che interessa sia il lato della domanda che quello dell’offerta.

 

Iniziamo con una domanda di rito: com’è andato il 1999 e come si profila l’anno in corso per i produttori di masterbatches?

La domanda di masterbatches segue abbastanza fedelmente l’andamento delle vendite di materie plastiche.
Il 1999 è stato caratterizzato da crescita abbastanza stabile, con una maggiore vivacità negli ultimi mesi dell’anno, in concomitanza con la ripresa dei prezzi delle principali termoplastiche. Quando i prezzi incominciano a lievitare, gli operatori tendono ad ampliare i volumi delle scorte, quindi spingono verso l’alto la domanda. Un trend favorito dalla ripresa delle esportazioni in Estremo Oriente, dopo gli anni di crisi delle economie asiatiche, con conseguenti effetti di "shortage" sui mercati europei.
E’ però difficile dire quanto la crescita della domanda a fine ’99 – ed in parte nei primi mesi di quest’anno – sia dovuta al ciclo scorte e quanto a un reale incremento dei consumi dovuto ad un’espansione dei mercati finali.

 

Lo stesso discorso vale per i prezzi dei masterbatches? Hanno seguito l’andamento dei prezzi delle plastiche?

Il prezzo dei masterbatches è cresciuto, ma in misura minore rispetto a quello dei polimeri base. Ci sono diverse ragioni: la prima è che il prezzo dei master presenta un andamento più costante, meno soggetto alle forte ciclicità dei polimeri; non avendo quindi accusato la forte caduta degli scorsi anni, c’era meno terreno da recuperare. Gli aumenti sono in larga parte dovuti al mero aumento dei costi delle materie prime, soprattutto dei polimeri dato che additivi e coloranti hanno mantenuto un trend tutto sommato costante. La seconda ragione è per così dire strutturale: è sempre più difficile per i produttori di masterbatches trasferire gli aumenti sui propri clienti. La concorrenza, molto forte, tende a comprimere prezzi e margini, un fenomeno che sta progressivamente erodendo la redditività delle aziende.

 

L’elevato numero degli operatori è anche segno che il mercato è appetibile…

Fino a qualche hanno fa la produzione di masterbatches consentiva ancora margini interessanti e ciò ha portato alla nascita di numerose aziende, spesso di piccole e piccolissime dimensioni. Il problema non sono certo le barriere all’ingresso, dato che per produrre qualche centinaio di chili al giorno sono sufficienti investimenti contenuti e tecnologie reperibili ovunque. E, soprattutto negli anni d’oro del masterbatches, la struttura dei costi poteva anche essere differente tra piccolo e grande produttore, ma non era molto importante perché c’era spazio per tutti e chiunque poteva realizzare profitti sufficienti, ovviamente con le dovute differenze.
Questa idilliaca situazione sta cambiando: il mercato cresce, aumentano i volumi, ma non i margini. La qualità media dei masterbatches si è livellata verso l’alto, anche perché i clienti sono più consapevoli ed esigenti, ma per realizzare profitti oggi è necessario disporre di impianti efficienti e di un mercato più ampio di quello provinciale o regionale, che invece caratterizza ancora numerose piccole realtà italiane. E diventa sempre più importante l’organizzazione produttiva; ciò, ovviamente, vale soprattutto per volumi produttivi medio-grandi e prodotti abbastanza standardizzati (per esempio master bianchi e neri), mentre è meno evidente nei segmenti di nicchia molto specialistici, che comunque tendono a ridursi.
Nel complesso credo che lo spostamento verso un mercato commodities sia una tendenza abbastanza generale per il nostro settore.

 

Una tendenza che si evidenzia anche nel rapporto con i clienti?

In parte, ma non in tutto. La domanda, almeno nel nostro paese, resta molto frammentata; quindi, quando parlo di commodities bisogna riportare il termine in questo contesto, nella specificità del mercato italiano. Le esigenze dei nostri clienti, e quindi anche dell’azienda che ordina cento chili per volta, sono radicalmente diverse da quelle della grande impresa che ordina grandi volumi di prodotti standard. La flessibilità, quindi, resta un criterio irrinunciabile; ciò non toglie che bisogna abbandonare la visione romantica e artigianale del nostro mestiere e puntare decisamente sulla razionalizzazione produttiva allo scopo di tagliare i costi.
Anche perché il cliente, negli anni, è molto cambiato. Una volta capito che la qualità è nella media elevata ed abbastanza standardizzata, il prezzo diventa una forte discriminate nella scelta del fornitore. Succede così che un’azienda cambi improvvisamente fornitore per una differenza di poche centinaia di lire su masterbatches che costano svariate decine di migliaia di lire al chilogrammo.
Ecco, in questo senso i masterbatches sono sempre più commodities…

 

Resta però la discriminante del servizio…

E’ vero, a differenziare i produttori vi è ancora il livello del servizio, la rapidità delle consegne, la certificazione di qualità, la capacità di capire e soddisfare le esigenze dei clienti, l’affidabilità e la costanza produttiva. Questo, in parte, giustifica anche l’elevato numero di produttori locali: essere "fisicamente" vicini ai clienti, evadere rapidamente gli ordini e conoscere "personalmente" i titolari sono spesso i fattori che consentono ad un’azienda di piccole dimensioni di sopravvivere in un mercato altamente concorrenziale sotto il profilo dei prezzi.

 

Lo sbarco in Italia di grandi aziende europee e di traders internazionali potrebbe cambiare la situazione, magari aumentare il grado di concentrazione?

Difficile dirlo; certamente le aziende come la nostra, ovvero di medio-grandi dimensioni ed operanti a livello nazionale e non, sono le più vulnerabili alla concorrenza internazionale. Comunque, il mercato italiano va "letto" in modo differente rispetto a quello di altri paesi europei; resta ancora un piccolo vantaggio competitivo per i produttori locali che sanno valorizzare la loro flessibilità.

 

Cosa ne pensa della possibilità di creare joint-venture tra produttori italiani di masterbatches?

Francamente non ne capisco l’utilità, a meno che non si tratti di aziende con produzioni complementari. Diverso il discorso di joint-venture con produttori esteri, che potrebbero invece portare a sinergie tecnico/commerciali interessanti.

 

Un’ultima domanda, anche questa di rito: state valutando il commercio elettronico?

Il commercio elettronico, almeno nel nostro settore, fa molta scena, va di moda, ma non necessariamente aumenta la soddisfazione del cliente. Con questo non voglio dire che il commercio elettronico sia inutile; solo che bisogna analizzare attentamente il rapporto tra costi e benefici, essere pragmatici. Se devo scegliere tra assumere un addetto informatico per gestire l’attività di e-commerce ed un tecnico di laboratorio, scelgo il secondo, perché in questo momento è la figura che mi garantisce un reale incremento di produttività.